Cosmopolis, film singolare e attuale



Certo che se qualche fan del vampiro di Twilight, capitato per sbaglio a vedere Cosmopolis, credeva di trovare Robert Pattinson nel ruolo di fidanzatino, è stato profondamente deluso e se ne è andato, è probabile, a metà film. Perché la pellicola di David Cronenberg è una pellicola ermetica, cerebrale, difficile. Forse noiosa se non si sa penetrare l'opera stessa, se non si sa guardare aldilà dell'apparenza. Ammetto che non è facile.
A me non ha interessato cosa ha voluto dire Cronenberg quanto quello che ci ho trovato. Punto uno, l'idea. Certo, è  tratto meticolosamente da DeLillo, ma l'aver affrontato una paradossale metafora della società e della vita con immagini fredde e che turbano la nostra coscienza, è un pregio indiscusso. Che il silenzio dell'apartheid della limousine in cui Eric riceve i collaboratori delle sue fortune finanziarie in fase di tracollo, sia il silenzio di tutte le esistenze alle prese con la solitudine che non può essere colmata né dal denaro né dal sesso? E che l'esplorazione anale giornaliera sia fatta non tanto per scacciare la paura della prostata asimmetrica che, guarda caso, l'ha anche il suo persecutore e presunto assassino, quanto per sfuggire al  "marcio" interiore? Eric è un perfezionista nostalgico (vuole farsi i capelli dal barbiere di suo padre) e un asettico. Ma non riesce ugualmente a tenere lontano il mondo che ama e odia, e soprattutto non riesce a tener lontano il desiderio di morte. Perché Cosmopolis è un film senz'altro sulla presa di coscienza di un "capitalismo disumano" ma è soprattutto un'opera sul disagio e la solitudine esistenziale a cui non c'è cura se non la sparizione.


Commenti

  1. Proprio un bel film, come non se ne vedono spesso. Freddo da far rabbrividire di paura, lirico da rendere questa (non)vita una tragica epopea.

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