Basta con l'incitamento alla cattiveria nello sport!


Lo sport dovrebbe essere quanto meno simbolo di lealtà. Si usa dire sportivo a chi accetta con spirito le vicissitudini della vita, insomma a chi sa anche perdere. Non si mandano forse i nostri figli a fare sport perché non solo fa bene al fisico, ma anche alla psiche abituandoli a lottare per vincere ma anche a non impermalirsi di fronte alla sconfitta?
Poi, con il calcio e gli sport professionistici e con il denaro che scorre a fiumi, il concetto si è addirittura capovolto. Non si parla più di sana aggressività uomo-uomo o uomo-oggetto, ma di cattiveria. Quante volte abbiamo sentito, e si sente dire, anche da allenatori di chiara fama, che i giocatori devono essere più cattivi, devono usare nel gioco più cattiveria. Il sano concetto dello sport si va a far friggere e finché sarà collegato al guadagno, al successo che vuol dire danaro, non risorgerà. E allora non ci lamentiamo se la gioventù viene su sempre più "cattiva". Tempo fa, il nipote di cinque anni di una mia amica, dette un pugno in faccia a un suo coetaneo. Rimproverato aspramente, con tutta la sua ingenuità disse: ma anche Totti l'ha fatto! Se si dovesse usare la cattiveria, questa la dovremmo usare contro tutti quelli, cronisti e più spesso allenatori, che usano quella parola per incitare i propri giocatori. Propongo che siano deferiti agli organi competenti. Santo Iddio, cerchiamo di usare un po' di cattiveria a chi è paladino di essa. Non gli farebbe nemmeno male qualche sana pedata nel culo.

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