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Non
è che ho creduto molto al Premio Nobel Della Letteratura assegnato a Dario Fo,
ma per lo meno si poteva giustificare, relativamente, con l'ampia produzione di
scritti soprattutto teatrali e con la "invenzione" di una lingua
particolare che ricordava il dialetto del medioevo. Ho creduto molto di meno
all'assegnazione del Nobel a Bob Dylan che di letterario ha ben poco. Certo, i
testi delle canzoni, ma è così poco che non giustifica l'assegnazione. Ma beh,
ammesso e non concesso che mi sbagli, quello che mi ha colpito sfavorevolmente,
è stata la rinuncia a partecipare all'assegnazione del premio ma accettarlo. Mi
si nota di più, ha detto, denotando un deludente conformismo. Avesse rifiutato
di andare per ragioni politiche come Sartre, o culturali, o per militanza
nell'antipotere, avrebbe aumentato il proprio prestigio perché rifiutare un premio è come vincerlo due
volte. E invece Bob Dylan non rinunzia, ma non va. Non contesta ma dice di
avere altri impegni. Spiace dirlo, ma questa volta l'antipatia del cantante non
è la magnifica risorsa del ribelle che è stata lievito del progresso, della
cultura e dell'arte.. "Sono onorato ma ho da fare" è roba da mezza
calzetta, da rinforzo del marketing che ha già dato i suoi frutti, e denota la
banalità di un grande artista che non ha saputo dire né sì né no.
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