Certo,
la partita di calcio è uno spettacolo, non si può negare. Ma la decisione di
far giocare le partite senza gli spettatori, determinata da indubbie
contingenze, ha scoperto una cosa niente affatto banale. Quella di mettere in
risalto l'autentico valore dei giocatori, il loro valore intrinseco in una
parola, cioè far risaltare i pregi e i difetti di ognuno che gli spettatori, e
in particolare i tifosi, possono o esaltare o attutire. Infatti il tifo, ve lo dice uno che al tempo della Lucchese in serie
A, anni '40-'50, ne era un fanatico sostenitore, in particolare ora che è
organizzato con un "direttore di coro" che non guarda la partita ma
attizza l'entusiasmo, contribuisce a sminuire o esaltare l'atleta. Cosa che non
avviene con l'assenza del pubblico in cui la squadra e i singoli giocatori sono
solo tesi a rendere il massimo, a dare il meglio di se stessi. Ciò non vuol
dire che le partite giocate con assenza di pubblico sono meglio. Ci mancherebbe
altro! La partita è inequivocabilmente uno spettacolo e tale deve rimanere. Ma
ci è piaciuto far risaltare la differenza, non indifferente, delle capacità
individuali e quelle esaltate dal pubblico stesso.
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