Devo
confessare, prima di scrivere questo pezzo, che non sono un patito dei comics.
I cosiddetti fumetti, come si chiamavano un tempo, li leggevo da bimbetto
quando andavo al gabinetto. Mi piacevano le avventure soprattutto di Flash
Gordon ma anche quelle dell'Uomo Mascherato, Mandrake, Topolino ovviamente, per
finire con poca simpatia, a Fulmine, il fumetto italiano ai tempi del fascio.
Poi mi ci sono distaccato preferendo
leggere i libri che mi facevano immaginare i personaggi non legandoli a
stereotipi grafici. Comunque riconosco soprattutto il valore figurativo dei
comics tanto che, in occasione della grande festa a Lucca, non manco mai di
visitare le mostre delle tavole che spesso hanno un notevole valore anche
pittorico. Perciò con titubanza affronto, in occasione del 25° anniversario della morte di Andrea
Pazienza (16 giugno), un tema inconsueto che forse non spetterebbe a me. Ma Andrea Pazienza
è stato un personaggio che anche chi non lo conosceva perché non appassionato
di fumetti, lo conosceva come pittore, come illustratore di copertine di
dischi, autore di manifesti di film, collaboratore de "Il Male",
insomma un autore alternativo che prediligeva i temi forti come violenza e
droga, un autore che faceva la differenza fra i fumetti dell'epoca. A solo 20 anni era già noto e ha fatto, fino
ai 32, anni della sua scomparsa, una miriade di disegni che lo hanno distinto
nel panorama italiano e non solo italiano. Paz insomma era un genio, a mio
avviso. Può darsi che mi sbagli perché le mie conoscenze sono limitate. Ma
ugualmente caro Paz, ti voglio salutare in questo anniversario che ricorderanno
personaggi ben più importanti di me. E se ci guardi, sono sicuro che lo fai con
il tuo consueto sguardo che si distingue per l'anticonformismo.
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