Mi
è venuto in mente proprio guardando la partita (brutta) Italia-Croazia. All'opposto dei croati che,
quando la banda suonava il loro inno nazionale appena lo sussurravano, come
vuole il buon senso e la concentrazione emotiva, i giocatori italiani, da
qualche tempo sollecitati dalla stampa, si sfiatavano anche con qualche
stonatura, per tirar fuori dai polmoni più aria possibile perché le parole
dell'inno fossero percepibili come percepibile doveva apparire la loro
convinzione di appartenere gloriosamente all'Italia. Ora, fatta salva la buona
fede dei giocatori, non mi sembra opportuno darsi tanto da fare, in maniera a
volte ridicola, per dimostrare l'italianità. A ognuno di loro interessava
semmai l'esito della partita e poco più. L'amore verso la propria nazione,
ormai desueto, si mostra semmai prendendo posizione su questioni sociali,
politiche, culturali in senso lato, posizione che farebbe dei giocatori "cittadini"
d'Italia nel vero senso della parola. Invece le cronache ci dicono tutt'altro.
E questo discorso vale tanto più per coloro, i cosiddetti tifosi, delle due
parti, come gli episodi hanno dimostrato durante la gara, che non conoscono lo
spirito sportivo ma solo quello di parte. E' normale fare tifo per la squadra
del cuore, ma esagerare come accade tutte le domeniche sulle gradinate degli
stadi italiani, magari sollecitati dal comportamento di certi giocatori in
campo, non è segno di civiltà che vuol dire non è segno di essere buoni italiani.
Mameli si rivolterà nella tomba.
Commenti
Posta un commento