Nella
letteratura come nell'arte c'è bisogno di un fustigatore, ma i troppi interessi
che legano l'editoria alla pubblicità impediscono di dire la verità.
Trent'anni, ma anche vent'anni fa, le cose stavano in maniera diversa, per lo
meno nell'arte. La recensione, contrariamente a oggi, non era animata da
interessi personali bensì da un rigoroso esercizio di critica. Quando un
pittore si presentava, ad esempio, con una mostra, al cospetto del pubblico,
nella stessa maniera si proponeva alla critica che ne diceva bene o male a
seconda del valore o meno dell'artista. In questa maniera si stabiliva una
specie di graduatoria dei valori che il tempo, in linea di massima, sanzionava.
Oggi questo atteggiamento critico non esiste più. E' una cosa grave, perché il visitatore
vuole essere indirizzato e questo avviene male oggi con le recensioni di
critici o pseudo-critici, che dicono spudoratamente benissimo di tutti, con
parole altisonanti, volutamente inconcepibili, che nessuno legge perché
assurde. Insomma una supercazzola di monicelliana memoria. Questa cosa si
propone anche nella letteratura ma forse lì, a parte le forzature delle case
editrici, qualcuno c'é sempre che dice pane al pane e vino al vino. E' il caso
di Pippo Russo, che nel suo ultimo libro "L'importo della ferita e altre
storie", si diverte rispolverando l'antica arte della stroncatura. Ne
fanno le spese i presuntuosi Fabio Volo, Giorgio Faletti, Moccia, Pupo,
Scurati, Piperno, per ricordarne solo alcuni, ed è un piacere che qualcuno
abbia il coraggio di far abbassare la cresta a chi era salito, grazie anche
alle apparizioni in tv, troppo in alto. Speriamo che, anche nel campo
dell'arte, ci sia un ripensamento critico che sappia fare un ripulisti di critici
e di artisti (soprattutto di arte
contemporanea) troppo sopravvalutati.
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